Storie di macelli e macellai

Storie di macelli e macellai

27 Gennaio 2019 0 Di admin

La toponomastica ci soccorre nelle occasioni più diverse. Cosi Vico Macellari, aprentesi in via Balbi, attesta verosimilmente una remota ubicazione di mattatoi; e Piazza dei Macelli di Soziglia, come la via di eguale nome, ricorda la sede successiva. Fu attorno al 1150 che avvenne per disposizione delle autorità il trasferimento in zona extracittadina, come allora Soziglia risultava. Una misura igienica, da associare alle rigorose visite veterinarie. Lì, comunque, i macellai rimasero per secoli: con prove d’indubbia forza, come s’è detto (v. pag. 37), ma anche dimostrazione di fede. L’edicola della Madonna — presente ancor oggi, salvo sparizioni delle ultime ore — fu voluta proprio da loro, come precisa la scritta, del 1724.
In epoca più vicina a noi, i macelli principali furono sistemati in Via Edera, poi stravolta per dar luogo a via Fiume. L’area corrispondente al mattatoio fu esattamente occupata dall’edificio dell’Intendenza di Finanza; e la coincidenza dette ovviamente la stura ad una messe d’ironiche considerazioni… Sinché rimasero i macelli, comunque, alle prime luci del giorno una coda di persone vi sostava dinanzi, in paziente attesa. Anemici, clorotici, malconci in genere — in un assortimento che avrebbe fatto la felicità di Fellini — attendevano che il capace boccale d’ognuno fosse riempito di sangue bovino appena immolato: un rimedio sovrano, secondo moltissimi medici, anche i meno propensi a simpatie vampiresche.
Non lontano — per passare a più simpatica osservazione — si teneva il mercato boario: precisamente, dietro la chiesa di Santa Zita. Nella soverchiarne colonna sonora di muggiti, prima o dopo acquirenti e venditori venivano ad una decisione plebiscitaria, raggiungere cioè la famosissima «Trattorìa del Cipressi», sull’arena occupata oggi dal cinema «Augustus». Cospicue «raviolate» premiavano gli autori d’un buon affare, ma anche consolavano chi s’era prefisso un maggior utile; e così agiva pure l’ottimo «bianco», anche per la considerazione che era pagato un tantino meno, fuori come s’era dalla cinta daziaria…

Michelangelo Dolcino