M – Da maccaron a mostardea

12 Marzo 2019 0 Di admin

MACCARON – Maccherone. Maccaroin grosci, maccheroni grossi, cannelloni; maccaronetti, mostaccioli.

MACHERUIN DE NATӒLE: Il piatto tradizionale di Natale a Savona. Brodo di cappone, trippa, maccheroni, cardi e salsiccia. Non proprio una cosina leggera, ma adatta ai robusti stomaci dei nostri antenati. Anticamente, durante l’Avvento, nelle vetrine savonesi troneggiavano ghirlande di maccheroni. Erano i festoni tipici di un’epoca austera, senza sprechi e senza “muscitae”. Termine quasi intraducibile, diciamo… senza tante storie per la testa!
Da notare: Dei maccheroni, contrariamente a quanto si pensa, si hanno le prime notizie scritte, e quindi storiche, in Liguria. Questo “primato” si deduce da antichi documenti, come ad esempio il testamento datato 1279 del ligure Ponzio Bastone, nel quale i maccheroni, “barixella una plena de macharonis”, venivano addirittura lasciati in eredità (altri tempi…) ed elencati con precisione (una cesta piena!) ben prima che facessero la loro comparsa, nel XVII secolo, a Napoli.

MACHETTO, O MACCHETTO – Mucchietto. Nella cucina sanremese, una pasta di sardine o acciughe usata per UNA particolare pizza, la sardenaira (v. Pagg. 35 e 37).

MAGNETTA – Presa: il piccolo cuscinetto di stoffa che serve a togliere dal fuoco recipienti caldi.

MAINÒU – Marinato: così l’anghilla maina, l’anguilla marinata. Per marinare s’intende porre in fusione per qualche tempo pesci o carni, entro un liquido — cotto e raffreddato — composto da acqua, aceto, limone, cipolla, aromi vari e qualche volta vino.

MANDÌLLÌ DE SAEA: la traduzione dell’espressione dialettale è “fazzoletti di seta” e indica le grandi lasagne che assomigliano, appunto, a candidi fazzoletti. Devono essere fatte cuocere a una a una per evitare che si attacchino insieme e, per analogo motivo, condite separatamente con il pesto.

MANDILLO – Fazzoletto. Ma mandilli de saea, fazzoletti di seta, sono le ampie e sottili lasagne del Savonese.

MANÈNE: frittelle di patate e farina di granturco, utilizzabili come antipasto o in sostituzione del primo piatto.

MANTO – Manto. E il manto do formaggio è lo strato di polvere, di sudiciume che aderisce alla crosta.

MARÒ DI FAVE : Salsa a base di fave originaria del Ponente

MARONSINI – Biscotti tondi — un tempo venduti generalmente nelle fiere — con una lieve convessità e un tenue gusto di limone.

MARSAPAN – Marzapane: pasta di mandorle e zucchero, colorata ed eventualmente aromatizzata.

MARTIN – Popolarmente, un tempo era così chiamato il girarrosto.

MARVAXÌA – Malvasia.

MARUNSINI : Cialde cotte in forno a legna

MASCÈ – Passato di patate, purè. Ma si diceva in passato anche macco.

MASCHETTA : È la guancia. Se suina, il brodo era tradizione del Natale.

MASIN/MAXIN : Funghi detti anche prugnoili o spinaroli

MASTRA – Madia dei fornai.

MATAGGIAE: – Maltagliati: pasta più corta dei mostaccioli e liscia. Un tempo, si dicevano pure maccaroin de modda, maccheroni alla moda.

MAXELLA – Macellaio.

MAXINA – Macinare. E maxinin — do caffè, o do peivie — è il macinino, da caffè o per il pepe.

MAXININ – Macinino; presente in cucina nei due tipi fondamentali, «da caffè» e «do peivie». Il caffè apparve tra noi piuttosto precocemente, considerando che i primissimi locali per il suo spaccio si aprirono in Europa — a Venezia, Marsiglia e Londra — attorno alla metà del XVII secolo. E’ del 1661, infatti, la petizione rivolta alle autorità che inizia con le seguenti parole:  «Abram Babli levantino, umilissmo servo di Vostra Signoria Serenissima, reverente le spone come sendo che in tuto Levante è già usanza a bere serta bevanda che gli clamano caffè…». Ma si può verosimilmente credere che prima dell’esistenza di tale caffetteria, regolarmente aperta in piazza Banchi, la nera bevanda già fosse preparata nelle case di marinai e mercanti, in uno dei tanti possibili modi: pura o con zucchero, con cannella, o chiodi di garofano, cardamomo o aloe. Molto più remoto l’incontro col pepe, peraltro in principio estremamente costoso. Nel 1101, ad esempio, la parte individuale toccata ai Crociati genovesi di Guglielmo Embriaco per il favoloso bottino raccolto nella presa di Cesarea, consistette in qualche moneta d’oro e ben due libbre di prezioso pepe… Il quale, quando in seguito ebbe costo più ragionevole, conobbe un- curioso impiego: essendo ancora ignote canfora e naftalina, preservare dalle tarme gli indumenti riposti. Meisoa – Madia: una sorta d’altare, nella liturgia della cucina, su cui s’impastava e avveniva il prodigio della lievitazione. Proprio il «levare», il crescere, è naturale che colpisse l’immaginazione, suggerendo una serie di superstizioni. Conservando il lievito, in forma di pagnotella, si tracciava su di esso col coltello un segno di croce: una sorta di benedizione propiziatrice. Giorno più indicato per il suo impiego era il sabato, ma assolutamente non si doveva usare di domenica e nelle altre feste comandate, a scanso di maiuscole disgrazie: le stesse che avrebbero colpito chi non restituisse la pasta di lievito avuta in prestito. Anche sul pane, all’atto di infornarlo, si tracciava una croce. Per questo, per evitare di offendere la croce stessa, mai sì doveva posare sulla tavola il pane capovolto. Nel Ponente si affermava che in tale posizione su di esso «ballan e strie», ballano le streghe; a Genova si diceva ai bimbi che in mare, nello stesso momento, una nave rischiava di rovesciarsi.

MEI – Mela, melo.

MEICÀDO – Decotto di mele. Figuratamente, un tempo era così chiamato il cappello a cilindro, per la somiglianza col recipiente in cui i venditori ambulanti tenevano tale decotto.

MOINELLO – Frullino. V. anche Foetto.

MORTA’ – Mortaio (utilizzato per la preparazione del pesto)

MOSCHEA – Moschiera: arnese un tempo diffusissimo, ricoperto di velo o fitta rete metallica, per tener lontane le mosche dai cibi.

MOSTARDÈA – Mostardiera: recipiente per servire la mostarda. La quale ha tradizioni genovesi remotissime: dal registro delle spese conservato nell’archivio di San Giorgio, la si trova menzionata tra quanto occorse per un banchetto offerto ad ambasciatori nostrani inviati nel 1378 al signore di Padova