Scucuzzun
Tipica voce meridionale? No: genovesissimamente, anche se il termine e in disuso, «scucuzzun» vuol dire grandine, in onomatopeica interpretazione del caratteristico suono di impatto di quest'ultima; ma sta anche ad indicare una pasta adatta per minestra, consistente in duri pezzetti quasi tondi: appunto per la sua somiglianza, nella forma, con la naturale meteora, veniva così chiamata.
Questo cibo dal nome curioso, oggi completamente dimenticato, in origine fu uno dei tanti piatti poveri «di recupero», ricavato cioè dalla pasta residuata di altre preparazioni, e opportunamente lavorata. Rivelatosi cibo appetitoso e solleticante, fu in seguito di proposito preparato, modellando singoli chicchi con farina di semola. Ci pare in tutto degno di essere oggi riproposto ai genovesi.
Per consistenza e ruvidezza, lo «scucuzzun» ricorda i massicci, deliziosi, «sopravvissuti» corzetti. Esiste anche, quasi certamente, un legame coi toscano «scurcussù», particolare farina di semola a grana molto grossa.
Testo e ricetta tratti dal libro “Mandilli de saea” di Franco Accame
Fotografia tratta dal sito: https://beautifuliguria.com/
Ingredienti
- 500 g di farina di semola;
- 2 uova intere;
- acqua;
- sale.
Istruzioni
- Eseguite l'impasto normalmente, ma con acqua tiepida per renderlo più legato e morbido.
- Lasciatelo riposare per circa un'ora, quindi staccate con le dita dei pezzetti di pasta e con questi, modellandoli ad uno ad uno con movimento rotatorio della palma della mano, formate delle pallottoline di diametro leggermente inferiore al centimetro.
- Lasciate asciugare i chicchi su di un canovaccio fino al giorno dopo.
- Cuoceteli preferibilmente in un passato assai liquido di verdura (ma sono ottimi anche preparati in brodo di carne) quanto basta per farli risultare bene al dente.