Lunedì dell’Angelo

24 Marzo 2019 0 Di admin

La seconda festa di Pasqua era consacrata alle gite nei dintorni della città. Mete preferite i “terrapieni”, l’erta di Coronata, il pendio di Montesignano, ma in particolare la Madonna del Monte, il “Monte”, per antonomasia. Anche lo prescriveva Nicolò Bacigalupo – ancora lui – negli «Inni Civili», del 1903:

“L’èa de rito, l’èa de regola, de tià a mezzo e braghe gianche, d’andà a-o Monte a fà baldoria, có-a frità in to cavagnin, d’andà in bettòa pe petrolio e pe scìgoe in Cianderlin”…

(Era di rito, era di regola, / sfoggiare le brache bianche, / andare al Monte a far baldoria, / con la frittata nel cestino, / andare all’osteria per “petrolio” / e per zufoli in Pianderlino)…

E occorre avvertire che per “scigoé” non s’intendeva soltanto i villerecci strumenti ricavati dalla scorza dei polloni di castagno, ma anche donnine frivole.

Comunque, le gite di quel giorno, salvo riprovevoli eccezioni, erano affrontate con castigatissimi intenti e la famiglia al completo: la prima uscita a largo raggio dell’anno, a controllare – per così dire – se il grande miracolo del rifiorire della natura ancora una volta si stava compiendo.

Per chi poteva addossarsi la spesa, v’era la possibilità di affittare un’ampia carrozza con relativo cocchiere: il “brecche”, solenne storpiatura dell’inglese “breack”. “L’uno e l’altro sesso – ha scritto Costanzo Carbone – era sempre rappresentato molto bene: donne forti, robuste, senza essere troppo stagionate; uomini con un po’ di trippetta e il cappello sulle ventitré (…). E le donne cantavano le canzoni dialettali a più non posso, lungo il tragitto. Se poi il tranvaietto ballonzolava, meglio ancora… Bisognava insomma che tutti sapessero di questa umanità in festa. E dovevano venire alle finestre le comari e i bambini dovevano uscir fuori a vedere il tranvaietto colmo, zeppo, rigurgitante”…

Offriamo un doppio menù: uno per i gitanti – affidato in buona misura alle preparazioni del gran giorno precedente – l’altro per i “casalinghi”, per coloro che intendono prevaricare la tradizione. Ma a proposito di consuetudini rivolgiamo una calda raccomandazione. Non chiamate “Pasquetta” – come purtroppo sempre più diffusamente accade – questa seconda festa di Pasqua: all’ombra della Lanterna sempre è stata “o Lunedì de l’Angeo” (il Lunedì dell’Angelo). Lasciamo ciò ad altre regioni: per noi “Pasquèta” è l’Epifania, come spieghiamo al capitolo corrispondente.

Per chi rimane a casa:

Gasse (Farfalle) con Tocco de articiocche (Sugo di carciofi)
Fracassà d’agnelletto (Fricassea d’agnello)Cimma frita (Cima fritta)
Torta pasqualin-na (Torta pasqualina)

Leitùga in insalatta cò-e euve due (Lattughe in insalata con uova sode)
Cuori di lattuga; 4 uova; 2 cipolline novelle; olio extravergine d’oliva; aceto di vino bianco; sale.
Utilizzando eventualmente i cuori avanzati nella preparazione delle Lattughe ripiene, prepararli com’è spiegato per l’insalata mista del Sabato Santo. Tagliare poi le radici alle cipolline, eliminando pure la parte verde; spogliarle della prima tunica e lavarle in acqua corrente.
Porre le uova in un pentolino, di tali dimensioni che l’acqua possa superare le uova stesse di 7 cm. almeno. Mettere al fuoco, spegnendo quando inizierà a bollire e lasciar poi raffreddare completamente.
Sistemare la lattuga in un piatto di portata; le uova, sgusciate, verranno collocate al centro, e le cipolline attorno ad esse.
Volendo rendere più allegra la preparazione, e maggiormente vicina alla Pasqua, colorare i gusci delle uova in rosso, scegliendo naturalmente un prodotto non nocivo alla salute. E ovvio che in tale caso le uova andranno presentate in tavola col guscio medesimo.

Formaggi
Cavagnetti (Cestelli di pasta dolce)
Fruta (Frutta)

Per i gitanti:
Cimma frita (Cima fritta)
Torta pasqualin-na (Torta pasqualina)
Frità de articiocche (Frittata di carciofi)
Cavagnetti (Cestelli di pasta dolce)
Fruta (Frutta)