La cucina bianca

19 Febbraio 2021 0 Di admin

La strada della Cucina Bianca è un itinerario enogastronomico lungo i sapori della transumanza che attraversa la civiltà delle malghe delle Alpi Marittime, ha le sue capitali in Liguria a Mendatica  e a Montegrosso Pian Latte e si sviluppa tra Liguria e Piemonte collegando i comuni liguri di Cosio d’Arroscia, Pornassio, Triora, e trova il suo naturale completamento in La Brigue nel Dipartimento delle Alpi Marittime francesi ed in Briga Alta, che si trova in Provincia di Cuneo.

La definizione di questa cucina deriva dal fatto che  il colore dominante è il bianco in tutte le sue tonalità, dalle sfumature più candide del latte appena munto, della sua panna – quella “vera” e pregiata –, della ricotta, fino all’avorio del burro e dei formaggi più o meno stagionati. E poi i cereali e gli ortaggi bianchi: i porri, l’aglio, le rape, le patate. Un mondo di variazioni culinarie basate in gran parte sull’alimento primario di ogni essere umano, almeno nel primo percorso di vita.
Dove c’è latte c’è allevamento, ci sono uomini e animali che talvolta da secoli convivono sullo stesso territorio secondo cadenze e ritmi imposti dalla natura e governati dalla capacità, dall’esperienza e dal buon senso di chi eredita saperi consolidati da trasmettere, a sua volta, ai successori. Alla cura degli animali si affianca sempre l’attività agricola che attraverso colture adattabili alle caratteristiche locali integra la produzione contribuendo a fornire, non senza fatica, il necessario per vivere. Questo lento e costante passaggio di consegne, via via arricchite dagli interpreti del momento, stratifica nel tempo una ricca tradizione pastorale capace di segnare la storia di un luogo.
La montagna dell’estremo Ponente ligure, è una zona di secolare vocazione pastorale condivisa con i territori confinanti, dalle valli cuneesi a quelle francesi. Su quei crinali, che hanno visto generazioni di pastori governare i loro animali, le cicliche transumanze, i ritmi duri della vita d’alpeggio, gli inverni difficili e sempre troppo lunghi, hanno saputo comunque definire un profilo gastronomico che oggi diventa patrimonio identitario e per questo viene giustamente valorizzato.
La cucina bianca è eccellente, quindi perfettamente in grado di soddisfare chi ha la fortuna di gustarla. Tuttavia, con un piccolo, ulteriore sforzo si può anche arrivare a capirla, per assimilarne l’essenza e il significato più puro e autentico. La splendida sequenza di piatti e specialità che oggi viene proposta da chi interpreta questa singolare e ottima cucina, rappresenta l’immagine dei soli e rari momenti di festa nella dura vita pastorale e non certo del quotidiano, dove le condizioni generali imponevano un’alimentazione certamente più sobria, monotona e talvolta, purtroppo, carente. Ed è proprio per questo che poche volte l’anno ci si concedeva il lusso del “mangiare”, preparando diverse pietanze da consumare in quantità in modo da onorare la festa e saziare, una volta tanto, il perenne appetito.

La Cucina Bianca è una cucina che non può prescindere dalle stagioni e dal suo territorio, poiché basata solo su ciò che è disponibile e cresce a più di 1000 metri: patate, da sempre alimento capace di garantire la sopravvivenza; aglio, porri, rape, cavoli, cipolle, cicerchie, lumache, galline, uova, noci, farinacei e, ovviamente, trattandosi di pastori, latte e latticini. Non mancavano mai le aromatiche, anche perché un terzo delle erbe europee proviene dalla Liguria, una regione che ha sempre fatto delle sue disponibilità naturali una ricchezza in cucina.

 

 

Dunque quali sono i piatti della Cucina Bianca in Liguria? Eccoli:

Aglié : Variante dell’aliolì provenzale. Si tratta di una salsa simile alla maionese, con patate ed un forte profumo di aglio, che si accompagnava alle lumache e alle patate bollite e, più recentemente, al bollito di gallina o di parti secondarie del vitello.

Bastardui: Chiamati anche “lasagne bastarde” o con curiosi nomignoli locali, sono una sorta di gnocchetti o maltagliati nel cui impasto vengono aggiunte delle verdure grossolanamente sminuzzate. Il loro condimento tradizionale è una salsa di panna e porri.

Bernardun: Il giorno in cui si faceva il pane, c’era sempre un clima di festa, poiché dopo si mangiava il Bernardun: un piatto unico sostanzioso, tagliato tutto in pezzi uguali vicino alla stufa.
Si usava una parte del minestrone della sera precedente per farcire una sottile base di pasta da cuocere al forno. Esiste una variante in cui il ripieno è costituito da patate tagliate sottili e aromatizzate con del porro.

Brodo d’erbe amare: Lo sapevate che un terzo delle essenze aromatiche europee arriva proprio dalla Liguria? Infatti, le erbe sono parte integrante della cucina ligure, dove non mancano quasi mai.
In questa minestra leggera la protagonista è l’erba amara: una pianta aromatica spontanea, raccolta nel cammino della transumanza o coltivata negli orti, a cui la tradizione malghese attribuisce proprietà digestive.

Brussusa: Si preparava con ciò che rimaneva dell’impasto del pane, diffuso nell’area brigasca e nelle malghe dell’Alta Valle Arroscia e Tanarello. L’impasto veniva spianato e ripiegato su se stesso con ripieno di aglio e bruss e poi cotto nel forno a legna.

Ciapazoi au bruzzu : Antica pasta dall’aspetto rustico e dal sapore deciso, realizzata con farina di castagne. La forma quadrangolare irregolare è caratteristica dei ciapazoi, tipicamente conditi con una fonduta a base di brusso e latte.

Corpi de diu : Una pasta grezza dal sapore deciso conferito dalla farina di castagne: un formato di pasta fresca tipico dell’entroterra ligure da condire a piacere, in inverno con brusso e patate e in estate con verdure fresche o… con quello che si preferisce!

Flan di scorzonera: Con la “pute” o besciamella unita ad una purea di scorzonera si prepara un delicato flan da cuocersi in forno a bagnomaria.

Friscioi : Le minestre e le verdure cotte avanzate erano aggiunte alla base delle pastelle di farina e uova per fare i friscioi salati.

Friscioi de mei : Per i bambini, specialmente a carnevale, l’impasto prevedeva invece fette sottili di mele con l’aggiunta di zucchero. Anche per i pastori, era buona usanza concludere i pasti con questo dolce, specie nei giorni di festa.

Minietti – bugaeli: Minestra riservata prevalentemente ai convalescenti, alle puerpere, ai bambini o agli anziani perché particolarmente digeribile. In un brodo insaporito dall’aglio, con alcune patate tagliate a piccoli dadini oppure in acqua con aggiunta di latte, al momento del bollore, vengono gettati piccoli grumi di farina lavorati finemente con acqua. Nella variante di Triora, con farina di castagne, prendono il nome di “bugaeli”.

Pan fritu: Quando si infornava il pane, era usanza prelevare due porzioni dell’impasto; una veniva conservata come lievito e l’altra, tagliata a pezzetti e fritta, era consumata calda con aggiunta di sale e zucchero.

Panissa di “gasce” (cicerchia): Per mitigare il sapore amarognolo delle “gasce”, nell’acqua in cui si coceva la farina di cicerchia si schiacciavano patate lessate. Questo piatto, che proprio attraverso un legume povero e ormai perduto in gran parte della montagna ligure sa esprimere tutta la sua forza tradizionale, riporta in luce un metodo di preparazione fra i più semplici e antichi, cioè la riduzione di cereali e legumi a una poltiglia più o meno densa che a seconda dei casi si può mangiare come una sorta di zuppa, come una polenta, o fredda, condita con i soliti formaggi saporiti, anche il giorno successivo.

Panissa di piselli: la farina di piselli usciva dal mulino frammista alla farina del grano usato dal mugnaio per togliere dagli ingranaggi ogni traccia di legumi. Con tale composto si preparava la “panissa”, che raffreddandosi si solidificava. Tagliata a fette, veniva consumata con il latte o il siero della ricotta, “becca” a colazione o condita con olio, aceto, cipolle e aglio tritato per pranzo e cena.

Patate in ta’ foglia: Sformato di patate disposte in una teglia (la foglia) infarinata con latte e porri. Diffusissime in tutto l’areale del Monte Saccarello, sono considerate una specialità di Piaggia (Briga Alta).

Pute: Crema morbida di farina sciolta in acqua bollente con l’aggiunta di panna naturale, antesignana della besciamella, usata per aromatizzare e arricchire il sapore delle verdure di stagione, lessate e addensate nel forno.

Raviore (raviole) : Le raviole si possono trovare solo nel paese di Montegrosso Pian Latte. Qui è compito delle donne raccogliere le erbe per preparare questo piatto, anche se la vera sapienza, tramandata da generazioni, sta poi nell’abbinarle nella quantità giusta affinché nessuna prevalga sulle altre. Per questo motivo ogni piatto di raviole sarà sempre diverso dall’altro.
Sono fagottini ripieni di un considerevole numero di erbe selvatiche tra cui l’erba amara, l’erba luisa, gli spinaci selvatici (engrari), menta, ortiche ecc. Tradizionalmente erano conditi con acqua di cottura, poco burro e abbondante formaggio pecorino; il recente incontro con l’olio extravergine di oliva ne ha esaltato il sapore. Esiste una variante a Cosio d’Arroscia in cui le raviore, di dimensioni più grandi, sono cotte sulla piastra del forno.

Streppa e caccia la’: Piatto tipico delle malghe di Mendatica. E’ di fatto una variante veloce dei “sugeli”, di cui ne condivide l’impasto e il condimento a base di brusso, ma la pasta viene strappata in pezzetti ed appiattita con le dita prima di essere buttata direttamente nell’acqua bollente insieme a foglie di cavolo, rape e patate. È probabile che l’evoluzione degli “streppa e caccia là” dai sugeli sia dovuta alle lunghe permanenze del pastore negli alpeggi, lontano da quel minimo di comfort dell’abitazione e soprattutto dalle cure femminili.

Sugeli: Una pasta semplice di sola acqua e farina lavorata a gnocchetti con il tipico “corpu de diu” (l’aspetto è simile a quello delle orecchiette). Il condimento tradizionale è una salsa bianca a base di brusso. Possono essere considerati il “piatto nazionale” delle Alpi Marittime, in quanto diffusi in tutto l’areale del Monte Saccarello, nella terra brigasca, a Mendatica e nelle sue malghe, a Trioea, in Valle Argentina ed alcune varianti nel condimento si ritrovano nelle Valli Occitane del cuneese.

Torta di brusso : Il Brusso è la ricotta fermentata; pasta colore bianco grigiastro; consistenza cremosa; sapore più o meno piccante a seconda della stagionatura. Contenuto nello scorso (piccolo recipiente circolare di legno di ciliegio provvisto di coperchio), accompagnava i lavoratori dell’entroterra ponentino e veniva spalmato sul pane o mangiato come condimento per le patate. Tradizionalmente viene usato anche per condire le patate bollite e come condimento per la pasta tra cui la tipica streppa e caccia là o pasta sciancà dell’Alta Valle Arroscia.

Turle: Il nome “turla” deriva da quello di una grossa mandorla di legno che aveva il compito di fermare le due ante di armadi e mobiletti, la cui forma ricorda un po’ quella dei ravioli. Sono grossi ravioli di patate e menta, generalmente conditi con panna di latte aggiunta ad un soffritto di aglio (o porro) e nocciole tostate. Con analogo ripieno si potevano preparare le turle fritte.

Turta de patate: Sul focolare, al centro della cucina, o nel forno a legna, veniva cotta, tradizionalmente, la torta bianca. Una preparazione che cambiava non solo di casa in casa, ma anche in base alla stagione: il ripieno di patate, tagliate o schiacciate, veniva integrato infatti con verza, porro, menta o altre verdure direttamente dall’orto.
Si tritavano i cavoli crudi con un coltello, si aggiungeva una patata bollita schiacciata e una manciata di riso cotto nel latte, con olio, sale e pepe, e si faceva la pasta con farina olio e acqua. Quando il pane era cotto, si infornava la torta nel testo di rame. Era il piatto unico per il pranzo: una volta cotto si rovesciava sulla tavola da impastare, si tagliava a fette e spesso si mangiava con le mani senza posate e piatti. Nell’area brigasca viene anche chiamata “patatusa” o “tantriforusa”.

Turtelli: Simili come ingredienti alla torta di patate, si tratta di fagotti cotti al forno, o piccole torte da una porzione, ripieni di patate, molto spesso accompagnati da altri ortaggi come i cavoli. Numerose sono le varianti locali o familiari.

Per tutelare e promuovere i prodotti delle Alpi Liguri e Marittime si è recentemente costituita una strada di prodotto denominata “Strada della Cucina Bianca – Civiltà delle Malghe”. La strada costituisce un percorso attraverso i territori montani attorno al Monte Saccarello.